Esplorando i macronutrienti: i lipidi

Quando si parla di grassi ci si riferisce principalmente ai trigliceridi, ovvero delle unità costituite da una molecola di glicerolo che unisce molecole di acidi grassi, i quali sono formate da catene di atomi di carbonio a lunghezza variabile.

I lipidi sono la principale fonte di riserva energetica, proteggono gli organi e promuovono la termoregolazione, regolano i flussi ormonali, costituiscono le membrane cellulari e fungono da regolatori per molte funzioni metaboliche.

Il fatto che negli uomini, ma ancor più nelle donne, sia stata indicata una soglia minima di percentuale di massa grassa, ha un solo significato: è essenziale per la salute. Perseverare nell’idea che eliminare cibi grassi comporti l’eliminazione del tessuto adiposo è sbagliato per più motivi infatti, l’implicazione dei lipidi nelle funzioni vitali ha fatto sì che l’organismo imparasse ad auto sintetizzare grassi da altre fonti, come le proteine e carboidrati, a discapito di energia e massa muscolare.

Assicurarsi che la nostra dieta sia costituita da circa il 25-30% di grassi è un buon metodo per garantirci quanto serve.

Tipi di acidi grassi

La funzionalità dei grassi si deve soprattutto agli acidi grassi che costituiscono l’intera molecola e questi possono essere:

  • Saturi
  • Insaturi
  • Monoinsaturi
  • Polinsaturi

L’organismo riesce ad auto sintetizzare tre categorie ma l’ultima, la più importante è costituita da acidi grassi “essenziali” proprio perché non siamo in grado di auto sintetizzarli: si tratta degli acidi grassi essenziali omega 3 e omega 6.

Gli acidi grassi omega 3: cosa sono e a cosa servono

Gli omega 3 sono acidi grassi che prevedono un’insaturazione nel terzo carbonio. L’acido alfa linolenico (AAL – C18:3n-3) è l’acido essenziale di questa categoria dal quale il corpo riesce a sintetizzare, anche se nono troppo efficacemente, l’acido semi-essenziale EPA (C20:5n-3) il DHA (C22:6n-3).

Ogni acido grasso esplica differenti funzioni: ad esempio AAL è maggiormente coinvolto nella formazione delle membrane cellulari, il DHA è l’acido maggiormente presente nel cervello umano e assieme a EPA fungono da segnali di controllo per la sintesi di ormoni e altre sostanze bioattive.

I benefici degli omega 3 si estendono anche alla regolazione della pressione sanguigna, la dilatazione delle pareti arteriose e l’inibizione di processi infiammatori, nonché all’inibizione dell’aggregazione piastrinica quindi contribuiscono alla prevenzione delle malattie cardiache.

Esplorando i macronutrienti: i lipidi

Omega 3 nel mondo sportivo

Nel mondo degli sportivi sono sempre più attuali le ricerche mirate a perfezionare i piani alimentari in modo da agevolare recupero e migliorare le prestazioni.

Recenti studi sono stati fatti anche sul contributo che i grassi, principalmente omega 3, possono dare all’atleta. Introducendo una media di 3 µg/d di omega 3 per almeno 30-45 giorni si è notato un calo dei DOMS a seguito di allenamenti con sovraccarichi pesanti. L’effetto visibile nel breve periodo e non nel lungo suggerirebbe che l’integrazione aiuterebbe il corpo ad adattarsi a stimoli ripetuti nel tempo. Per un beneficio continuo bisognerebbe fare dei cicli di integrazione e stop, parallelamente a sedute di carico/scarico di lavoro. L’aiuto nel ricovero muscolare si è dimostrato anche favorevole all’anabolismo e contrastante il catabolismo.

L’organismo è in grado di ossidare, per ricavare energia, carboidrati (derivanti direttamente dal pasto o dal glicogeno muscolare) e grassi (derivanti dal pasto o nelle riserve adipose). La capacità del metabolismo di attingere ad una fonte piuttosto che ad un’altra si deve a tanti fattori, ma alcuni studi confermano che l’arricchimento della dieta con acidi grassi omega 3 (AAL, EPA E DHA) aiuterebbe il corpo ad attingere più facilmente alle riserve adipose perché l’insaturazione della catena rende l’acido grasso più facilmente ossidabile con il risultato di una maggior mobilitazione delle riserve adipose.

Omega 3 e colesterolo

Se l’assunzione di grassi è stata demonizzata e additata come la responsabile di obesità, malattie cardiovascolari ed altri disturbi, da meno non lo è stato il colesterolo. Questa molecola appartiene alla classe di lipidi non saponificabili ed è secreta endogenicamente dal corpo perché essenziale e implicata nella formazione delle membrane cellulari, nella regolazione ormonale e nella stimolazione della bile per la formazione degli acidi biliari, indispensabili per l’assorbimento dei nutrienti a livello intestinale, comprese le vitamine.

Per svolgere le sue funzioni il colesterolo viene trasportato nel corpo attraverso il sangue da strutture definite lipoproteine: le HDL, o “colesterolo buono” e LDL o “colesterolo cattivo”. Le HDL sono lipoproteine con una percentuale proteica maggiore rispetto a quella lipidica e sono più abili a trasportare il colesterolo nel corpo, a riportarlo al fegato e ad estrarlo dalle LDL. Queste ultime, a causa dell’elevata presenza di grassi, possono facilmente depositarsi sulle arterie provocando i fenomeni di otturamento arterioso e implicazioni cardiovascolari.

Alti livelli di LDL non sono però dovuti direttamente ad un eccessivo consumo di colesterolo alimentare: oltre all’abuso di grassi saturi, ciò che comporta un innalzamento sono assenza di attività fisica e un’alimentazione ricca di zuccheri semplici e ad alto indice glicemico, sale e alcool.

Il 75% del colesterolo circolante è prodotto endogenicamente e solo il 25% è rappresentato da quello introdotto con la dieta infatti esiste un meccanismo secondo cui l’apporto di colesterolo alimentare tende a diminuire la produzione endogena che però è aumentata, quando le scelte alimentari sono sbagliate.

Le fonti alimentari più ricche di colesterolo sono i salumi, i formaggi grassi (% di grasso >25%) le carni di bovino e suino e il tuorlo dell’uovo; tuttavia, eliminare queste fonti non è la soluzione al problema. L’equilibrio è sempre la via più giusta: variare la dieta, prediligendo prodotti della pesca e le proteine di origine animale è una strategia vincente.

I prodotti della pesca, soprattutto salmoni, sgombri, aringhe, orata, trota e i pesci azzurri sono una fonte importantissima di omega 3 quali DHA e EPA, importanti precursori di lipoproteine HDL che intensificandosi, riducono le LDL con conseguente diminuzione delle possibilità di contrarre malattie coronariche.

Le proteine vegetali invece contengono fitosteroli: queste molecole condividono la stessa struttura chimica del colesterolo, vengono captate a livello intestinale ma poi rigettate perché il corpo non riesce ad assorbirle. Questa sostituzione limita l’assorbimento di eventuale colesterolo presente nel pasto ingerito e l’abbondanza di fibre vegetali stimola la produzione di bile, quindi sollecita la mobilitazione di colesterolo endogeno-epatico.

Esplorando i macronutrienti: i lipidi

Gli omega 6

Altra classe di composti essenziali è quello degli omega 6 che si differenziano per il fatto che il carbonio insaturo è posizionato tra il sesto e il settimo carbonio. L’omega 6 per eccellenza è l’acido linoleico (AL C18:2n6) dal quale poi possono essere sintetizzati, anche se non troppo efficacemente, gli altri omega 6 quali GLA, il DGLA e AA ovvero l’acido arachidonico. Questi grassi, come i precedenti omega 3, sono fondamentali perché responsabili della produzione di ecosanoidi che, a loro volta, regolano in modo antagonista processi come infiammazione, temperatura e vasocostrizione con la differenza che, mentre gli omega 3 favoriscono la vasodilatazione e inibiscono l’aggregazione piastrinica e placano i processi infiammatori, gli omega 6 sono i responsabili dell’effetto opposto.

Il consumo di omega 6, così come avveniva per gli alimenti con colesterolo, non è da evitare perché, ancora una volta, ciò che conta è l’equilibrio. Il problema, soprattutto nel mondo occidentale, è che si fa un largo consumo di fonti di omega 6 (carne, olii vegetali e il tanto in voga burro d’arachidi) a discapito di fonti di omega 3 come pesci ed alghe con il risultato di uno sbilanciamento a favore di omega 6.

Ancora una volta, è l’eccesso che crea il veleno.

In commercio esistono tanti integratori di omega 3 ma correggere l’alimentazione è fondamentale: inserire pesce almeno 3 volte a settimana, sostituire l’olio d’oliva con l’olio di lino, mangiare ortaggi a foglia verde e insaporire con alghe (spirulina, ad esempio, ottima nei frullati, nello yogurt e nelle omelette) sono tutte strategie per riequilibrare il bilancio, apportare benefici e variare la propria alimentazione.


Bibliografia

  • Da Boit, M., Hunter, A. M., & Gray, S. R. (2017). Fit with good fat? The role of n-3 polyunsaturated fatty acids on exercise performance. Metabolism66, 45-54.
  • Hooper, L., Al‐Khudairy, L., Abdelhamid, A. S., Rees, K., Brainard, J. S., Brown, T. J., … & Deane, K. H. (2018). Omega‐6 fats for the primary and secondary prevention of cardiovascular disease. Cochrane Database of Systematic Reviews, (7).
  • Kerksick, C. M., Wilborn, C. D., Roberts, M. D., Smith-Ryan, A., Kleiner, S. M., Jäger, R., … & Kreider, R. B. (2018). ISSN exercise & sports nutrition review update: research & recommendations. Journal of the International Society of Sports Nutrition15(1), 1-57.
  • LINEE GUIDA PER UNA SANA ALIMENTAZIONE – CREA 2018
  • Willett, W., & Skerrett, P. J. (2017). Eat, drink, and be healthy: the Harvard Medical School guide to healthy eating. Simon and Schuster.

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